Un ricordo di Francesco Antonio Perri/Fu direttore della "Voce Repubblicana" La sua vita spesa a diffondere il verbo mazziniano di Francesco Nucara Come preannunciato, domenica 28 settembre, con una delegazione di repubblicani della provincia di Reggio Calabria, mi sono recato a Careri (R. C.) per rendere omaggio a Francesco Perri e visitare la sua casa natale. Ero stato già a Careri a metà degli anni 70, dopo la tremenda alluvione del 1973. A parte la disperante situazione dovuta a quell'evento calamitoso, mi è sembrato di mirare e rimirare una vecchia fotografia che mi consentiva di ritrovare con immediatezza i luoghi che avevo visitato più di trent'anni fa. Dopo la visita in Comune, accolti con grande cortesia dal Sindaco Pipicella, siamo andati a visitare la casa natale di Francesco Perri. Grande è stata la tristezza e nel dover constatare lo stato di trascuratezza ed abbandono di questo edificio, che le autorità competenti (da noi sicuramente a breve sollecitate) dovrebbero invece tenere a testimonianza di alta identità culturale. Abbiamo in seguito visitato la sede dell'Associazione culturale, intitolata all'illustre personaggio di Careri, che si trova nella casa dello scomparso Vincenzo Perri, per tanti anni sindaco Repubblicano del centro pedeaspromontano. Per raggiungere Careri da Bovalino saliamo lungo un nastro asfaltato che sembra disegnato più dal passaggio dei muli che da un ingegnere. Inerpicandoci su per la strada mulattiera tra calanchi e paesaggi lunari, arriviamo a Careri dal cui Belvedere possiamo "ammirare" le frazioni di Natile (vecchio e nuovo), Platì, S. Luca: nomi purtroppo noti più per fatti criminosi che per la loro storia e per il loro spessore culturale. Ma è di Francesco Perri che vogliamo parlare, poiché è per ricordarlo che ci siamo recati nel suo paese natale. Francesco Antonio Perri era nato a Careri il 5 luglio del 1885 ed ha chiuso la sua esistenza a Pavia il 9 dicembre del 1974. Il Padre Vincenzo era lo "speziale" del paese ed alternava la sua attività di farmacista con lavori sui suoi fondarelli, e sostituiva il medico La Cava (parente diretto dello scrittore La Cava) nella cura dei Pandurioti, come Perri chiamava i suoi concittadini. Questo nome deriva dal fatto che, secondo leggenda (non ci sono notizie storiche certe), questo borgo all'inizio sorgeva su uno sperone di roccia ed era chiamato Pandora (qualche rudere esiste tuttora). Francesco Perri doveva essere molto affezionato e questo borgo perché molti suoi lavori di articolista furono firmati con lo pseudonimo di Ferruccio Pandora. Rimase orfano a 12 anni e la madre, donna energica con idee chiare, malgrado fosse analfabeta e pur in condizioni economiche disagiate, volle che proseguisse gli studi presso il seminario della vicina Gerace. Le cose non andavano bene, perché il giovinetto si ammalò della cosiddetta "febbre di Malta" e dovette ritornare al paese proseguendo da autodidatta la lettura di testi importanti, soprattutto Dante. A diciannove anni, tramite un amico, ebbe la possibilità di lavorare come istitutore nell'orfanotrofio Lanza di Reggio Calabria. Per Francesco Perri si di-schiuse un mondo nuovo. La città diveniva per lui un palcoscenico per incontrare persone, leggere riviste, giornali,libri, andare a teatro, ecc. Fu proprio in quel periodo che a Reggio Calabria nascevano i primi fermenti del Repubblicanesimo, con Francesco Antonio Leuzzi e Gaetano Sardiello. Nel frattempo, da "esterno", conseguì la licenza ginnasiale e poi quella liceale; e, dopo dieci anni di vita in città, a 29 anni si laureò in giurisprudenza all'università di Torino, che probabilmente frequentò perché impiegato alle poste della vicina Fossano. Nel 1921 Perri inizia la sua attività di pubblicista con spirito repubblicano ed antifascista. Diventa collaboratore de "La Voce Repubblicana" ma, essendo già sotto la lente delle squadracce fasciste, adotta lo pseudonimo di Pan (forse contrazione di Perri Antonio). E' il caso di ricordare che a Careri era conosciuto come Antonio perché i genitori devoti al Santo di Padova avevano preferito chiamarlo con il secondo nome. O forse lo pseudonimo deriva dalla prima sillaba di Pandora. Perri usava altresì lo pseudonimo di Paolo Albatrelli corrispondente da Lugano. E "La Voce" pubblica a puntate il suo romanzo "I Conquistatori". Nel 1926 l'Amministrazione delle Poste lo licenzia per le sue attività antifasciste. Dopo la prima Guerra Mondiale, alla quale aveva partecipato come volontario, compone il poemetto "Rapsodia di Caporetto", che invia a Benedetto Croce, il quale dopo averlo letto così gli risponde: "E' tanta la commozione con cui ho letto le sue sincerissime pagine che vorrei pregarLa di permettermi di conservare il Suo manoscritto, per unirlo ad altro ricordo che ho raccolto di questa nostra grande guerra". Perso il lavoro alle Poste, si trasferisce al Nord spostandosi tra Milano e Genova. Con il romanzo "Emigranti" vince, per pura casualità, il premio dell'Accademia Mondadori (1927). Alla Mondadori infatti lavorava un suo amico, che Perri era andato a trovare per ottenere un lavoro. Mussolini però lo aveva già additato come liberticida e l'amico, nell'impossibilità di aiutarlo, gli consigliò di concorrere a quel premio. Perri, senza più un lavoro e con le difficoltà insite nel suo dichiarato antifascismo della prima ora - Mussolini lo chiamò "fascistofobo" - per poter vivere continuò a scrivere di tutto, dalle favole per bambini ai romanzi, dalle poesie a saggi sulla filosofia. In questo periodo quindi visse un esilio intellettuale e morale che molto pesò nella sua vita. Non gli mancarono certo le polemiche, da quella di Gramsci sull'uso di pseudonimi, a quelle di Malaparte sul suo antifascismo morbido. Ma Perri seppe rintuzzare efficacemente queste gratuite offese. Finita la guerra, e con essa il fascismo, Perri fu chiamato dai repubblicani genovesi a dirigere il giornale di ispirazione repubblicana "Il Tribuno del Popolo" e, dopo poco tempo, fu chiamato a dirigere "La Voce Repubblicana", cosa che fece per un brevissimo periodo, lasciando la direzione subito dopo le elezioni dell'Assemblea Costituente: fu candidato nel collegio calabrese ma non venne eletto per una manciata di voti. Fu reintegrato nel suo impiego nell'Amministrazione delle Poste, divenendo dopo breve tempo il direttore provinciale di Pavia. Nel 1953 fu invitato a candidarsi alla Camera dei Deputati nella circoscrizione Milano – Pavia. Ma egli declinò l'invito. Viveva l'impegno politico con grande distacco. Nel 1959 Ugo La Malfa lo sollecita a riprendere la collaborazione con il giornale organo del Pri, ma Perri ormai aveva rinunciato ad una vita politica fatta di "intrighi e compromessi", di cui non voleva essere assolutamente partecipe. Morì a Pavia nel 1974 e volle essere sepolto nella sua Careri. Così scrive in una lettera a Vincenzino Perri (suo nipote): "Speravo di poterti rivedere ancora, ma temo che verrò così piedi avanti, perché ti assicuro che sono stanco di questa vita senza il piacere di agire, di pensare, di lavorare. La mia macchina ha fatto il suo corso: io sono pronto. Non ho paura, ho messo a posto tutte le cose della famiglia e me ne vado, guarda bene: cristiano non cattolico. Voi tenetemi un posticino vicino all'oleandro, perché voglio dormire il lungo sonno della terra dove sono nato. Cursum consumavi, fidem servavi : gli anni mi hanno portato via la memoria, il mio sole tramonta. E' il destino di tutti." Francesco Antonio Perri oggi riposa per l'eternità nel cimitero di Careri. In conclusione voglio ricordare quanto scrisse sul nostro giornale l'11 aprile 1946: "(…) La verità è che per quanti sforzi si siano fatti, l'educazione e la preparazione del proletariato, nel senso mazziniano, non è stata mai molto curata in Italia, perché è molto facile fare proseliti toccando l'individuo nei suoi beni materiali che fare un cittadino, dandogli il senso delle sue responsabilità morali, in seno all'organizzazione sociale e di fronte allo Stato". Infatti, in una conversazione con il nipote, insegnante, diceva: "Il problema … oggi è formare l'uomo nuovo, il cittadino onesto, dignitoso, rispettoso delle leggi, che abbia il senso dello Stato. Ricordi ciò che ti scrissi nella lettera al tuo primo anno di insegnamento? Il maestro è sempre un sacerdote ma lo è due volte in Calabria, dove il popolo manca di ogni conforto". In molti conoscono il Perri poeta e scrittore, ma la sua alta identità di repubblicano è semisconosciuta a gran parte degli stessi repubblicani. Sarà nostro compito portarla alla luce. |